Circolari dello studio

  1. CREDITO D’IMPOSTA A FONDO PERDUTO PER INVESTIMENTI IN BENI STRUMENTALI E PER ATTIVITA' DI RICERCA E SVILUPPO FINO A 1,5 MILIONI DI EURO PER LE PICCOLE AZIENDE E 15 MILIONI DI EURO PER LE GRANDI AZIENDE

UN’OPPORTUNITA’ DI SVILUPPO AZIENDALE CON RIDUZIONE DELLE IMPOSTE DA NON PERDERE

Nel nostro paese le iniziative per agevolare le aziende non sono molto frequenti ma esistono.

Tra gli strumenti validi che il legislatore ha messo a disposizione negli ultimi tempi è sicuramente da segnalare la possibilità di fruire dei crediti d’imposta.

Con la Legge di stabilità 2016 ( Legge n.208/2015 ) è stato introdotto, per gli anni dal 2016 al 2019, un credito di imposta a favore delle imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo.

Mancano solo pochi giorni prima che detta agevolazione volga al termine, vediamo come funziona.

Beneficiari:

Sono beneficiari tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, individuabili in base all’articolo 55 del TUIR n. 917/1986, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, che effettuano nuovi investimenti destinati a strutture produttive situate nelle aree ammissibili

L’Agevolazione:

L’agevolazione consiste nell’attribuzione all’impresa di un credito d’imposta pari a:

  • 45 % dell’investimento per le piccole imprese
  • 35 % dell’investimento per le medie imprese
  • 25 % dell’investimento per le grandi imprese

Il Credito potrà essere utilizzato in compensazione con altre imposte a partire dal quinto giorno successivo alla data di rilascio della ricevuta attestante la fruibilità e l’ammontare del credito.

Spese ammissibili:

I beni agevolabili devono essere:

  • strumentali all’attività d’impresa;
  • nuovi;
  • destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nel territorio agevolato

Il riferimento normativo ai “beni strumentali” comporta che i beni devono essere di uso durevole ed atti ad essere impiegati come strumenti di produzione all’interno del processo produttivo dell’impresa.

Sono, quindi, esclusi i beni “merce” e i materiali di consumo.

Rientrano tra i beni agevolabili anche quelli acquisiti mediante leasing finanziario con acquisto finale

Opportunità di sviluppo:

E’ evidente che il credito d’imposta rappresenta un enorme opportunità di sviluppo aziendale in quanto permette all’azienda di destinare la propria liquidità ad investimenti in beni strumentali che le permetteranno di essere più competitiva sul mercato anziché dissipare risorse per il carico fiscale. Inoltre l’agevolazione del credito d’imposta per il mezzogiorno è pienamente compatibile con altre agevolazioni statali quali il super ammortamento e l’iper ammortamento.

L’anno 2019 al momento, salvo proroghe, è l’ultima annualità in cui è possibile far valere la norma agevolativa.

Altra ghiotta opportunità è data dal CREDITO D’IMPOSTA PER INVESTIMENTI IN RICERCA E SVILUPPO, introdotta nel 2013 al fine di stimolare la spesa privata in Ricerca e Sviluppo per innovare processi e prodotti e garantire la competitività futura delle imprese. Nonostante tale agevolazione sia stata introdotta ben 6 anni fa, ad oggi risulta ancora poco conosciuta ed approfondita.

Di seguito alcune informazioni per capirne di più.

A chi è rivolto?

  • Tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa (imprese, enti non commerciali, consorzi e reti d’impresa), indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione aziendale e dal settore economico in cui operano;
  • Imprese italiane o imprese residenti all’estero con stabile organizzazione sul territorio italiano che svolgono attività di Ricerca e Sviluppo in proprio o commissionano attività di Ricerca e Sviluppo;
  • Imprese italiane o imprese residenti all’estero con stabile organizzazione sul territorio italiano che svolgono attività di Ricerca e Sviluppo su commissione da parte di imprese residenti all’estero.

Cosa si intende per investimenti in Ricerca e Sviluppo

Sono agevolabili tutte le spese relative a ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale: costi per personale altamente qualificato e tecnico, contratti di ricerca con università, enti di ricerca, imprese, start up e PMI innovative, quote di ammortamento di strumenti e attrezzature di laboratorio, competenze tecniche e privative industriali. Sono altresì incluse spese sostenute da imprese operanti nel settore del tessile e della moda per l’ideazione e la realizzazione di nuovi campionari non destinati alla vendita, nonchèall’innovazione dei materiali o delle tecniche di lavorazione.

Sono invece escluse le spese sostenute per modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino dei miglioramenti.

Quali vantaggi

Viene concesso un credito d’imposta fino al 50% delle spese incrementali in Ricerca e Sviluppo, riconosciuto per un massimo annuale di 20 milioni di europer beneficiario, calcolato su una base fissa data dalla media delle spese in Ricerca e Sviluppo nel triennio 2012-2014.

La misura è applicabile per le spese in Ricerca e Sviluppo sostenute nel periodo 2017-2020.

Come ottenerlo

Il credito d’imposta sarà automaticamente riconosciuto con l’inserimento in bilancio delle spese di Ricerca e Sviluppo e nella dichiarazione dei redditi al quadro RU. Inoltre sussiste l’obbligo di certificazione delle spese sostenute con una perizia di un dottore commercialista e revisore contabile.

L’anno 2020 al momento, salvo proroghe, è l’ultima annualità in cui è possibile approfittare dell’agevolazione. Chiedi subito la consulenza adatta alle tue esigenze!

Lo Studio Piscicelli De Felice ha affiancato diverse imprese nella pianificazione degli investimenti e nella predisposizione della pratica di riconoscimento del credito d’imposta in tutte le sue fasi amministrative, fiscali e di bilancio. Conseguendo risultati soddisfacenti in termini di ottimizzazione delle risorse e miglioramenti degli assets aziendali.

AVVENTO DELLA FATTURAZIONE ELETTRONICA

Fra le previsioni di maggiore rilevanza contenute nella legge di bilancio 2018 vi sono quelle di cui ai commi 909 ss. dell’art. 1, che hanno introdotto, a partire dal 1° gennaio 2019, l’obbligo generalizzato di fatturazione elettronica. Esso vale sia nel caso in cui la cessione del bene o la prestazione di servizio è effettuata tra due operatori Iva (operazioni B2B, cioè Business to Business), sia nel caso in cui la cessione/prestazione è effettuata da un operatore Iva verso un consumatore finale (operazione B2C, cioè Business to Consumer). L’introduzione di tale obbligo è finalizzata ad agevolare l’azione di contrasto all’evasione fiscale, mettendo a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, tramite il Sistema di Interscambio, i dati delle fatture emesse e ricevute per le operazioni effettuate tra soggetti nazionali. I dati delle operazioni possono dunque essere “incrociati” con quelli relativi ai versamenti IVA, al fine di verificare il corretto assolvimento dell’imposta.

Che cos’è la fattura elettronica?

La Fattura Elettronica è un documento digitale normato da specifiche regole tecniche che interagisce con il Sistema di Interscambio (SDI) dell’Agenzia delle Entrate, il quale funge anche da controllore, smistatore ed archivio: in pratica le fatture che tradizionalmente venivano redatte ed inviate in formato cartaceo o via e-mail devono ora per forza transitare con formato elettronico (XML) dal sistema telematico centralizzato, e da lì sono successivamente consegnate dall’emittente (fornitore) al ricevente (cliente). Tutte le fatture sono messe a disposizione delle aziende nazionali su un sistema telematico centralizzato che permette di prenderne atto e di gestirle nelle modalità tradizionali. Termina quindi ufficialmente la prassi di scambio documentale (cartaceo od analogico) diretto tra cliente e fornitore, e tutto il processo viene ad essere mediato da un soggetto terzo (Agenzia delle Entrate) tramite una piattaforma (SDI). ATTENZIONE: Se la fattura viene predisposta ed inviata al cliente in forma diversa da quella XML ovvero con modalità diverse dal Sistema di Interscambio, così come previsto dal provvedimento del 30 aprile 2018, tale fattura si considera non emessa, con conseguenti sanzioni a carico del fornitore e con la impossibilità di detrazione dell’Iva a carico del cliente. Il SDI è infatti una sorta di “postino” che svolge i seguenti compiti:

  • Verifica se la fattura contiene almeno i dati obbligatori ai fini fiscali nonché l’indirizzo telematico (c.d. “codice destinatario” ovvero indirizzo PEC) al quale il cliente desidera che venga recapitata la fattura;
  • Controlla che la partita Iva del fornitore (c.d. cedente/prestatore) e la partita Iva ovvero il Codice Fiscale del cliente (c.d. cessionario/committente) siano esistenti.

In caso di esito positivo dei controlli precedenti, il Sistema di Interscambio consegna in modo sicuro la fattura al destinatario comunicando, con una “ricevuta di recapito”, a chi ha trasmesso la fattura la data e l’ora di consegna del documento. Ogni operatore economico può scegliere liberamente lo strumento tecnologico col quale adempiere al nuovo obbligo di emissione, trasmissione, archiviazione delle fatture emesse (ciclo attivo) ed a quello di ricezione, validazione e conservazione delle fatture ricevute (ciclo passivo). In questo senso i documenti cartacei, anche ai fini contabili, non hanno più alcun valore e sono sostituiti totalmente da quelli in formato .xml al fine di una corretta imputazione in contabilità e conservazione a norma per 10 anni. L’indirizzo telematico al quale devono essere inviate le fatture elettroniche può essere alternativamente un codice destinatario formato da sette caratteri alfanumerici, oppure un indirizzo PEC (in tal caso, viene associato il codice destinatario “0000000” e in fattura, nel campo “Pec Destinatario”, deve necessariamente essere indicata la casella PEC a cui trasmettere la fattura). In ogni caso, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione del destinatario la fattura nella propria area personale della sezione Fatture e Corrispettivi. Al Commercialista quindi non sarà più consegnata la carta ma un insieme di file che, debitamente analizzati ed organizzati, costituiranno la base per le imputazioni contabili tradizionali, che non hanno subito e non subiranno variazione alcuna. Cambia dunque la forma ma non la sostanza degli adempimenti.

Chi è esonerato dall’emissione della fattura elettronica?

Sono esonerati dall’emissione della fattura elettronica solo gli operatori (imprese e lavoratori autonomi) che rientrano nel cosiddetto “regime di vantaggio” (di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) e coloro che aderiscono al cosiddetto regime fiscale “forfettario” (di cui all’art. 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190). Tuttavia, gli operatori in regime di vantaggio o forfettario possono comunque emettere fatture elettroniche seguendo le disposizioni del provvedimento del 30 aprile 2018. A tali categorie di operatori si possono aggiungere i “piccoli produttori agricoli” (di cui all’art. 34, comma 6, del Dpr n. 633/1972), i quali erano esonerati per legge dall’emissione di fatture anche prima dell’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica. È stato recentemente confermato anche per il periodo d’imposta 2020 l’esonero ovvero, per meglio dire, il divieto, già in vigore quest’anno, di emettere fatture elettroniche in relazione alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche. La disposizione riguarda sia i soggetti tenuti a trasmettere i dati al Sistema Tessera Sanitaria ai fini dell’elaborazione da parte dell’Agenzia delle Entrate della dichiarazione dei redditi precompilata (aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, istituti di ricovero e cura, policlinici universitari, farmacie, iscritti all’Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri, presidi di strutture per l’erogazione dei servizi sanitari) sia gli altri operatori sanitari per i quali tale obbligo non sussiste (ad esempio, podologi, fisioterapisti, logopedisti).

Fattura elettronica: non solo obblighi ma anche vantaggi

Nonostante la fattura elettronica sia percepita da molti come un processo complesso, si tratta invece di un passaggio che andrà a semplificare la vita dei professionisti liberandoli da burocrazie, errori e scartoffie. La fattura elettronica quindi non deve essere vissuta solo come un obbligo da rispettare ma anche (e soprattutto) come un’opportunità da cogliere. Molti sono i vantaggi che la fatturazione elettronica può offrire a PMI e liberi professionisti:

  • Ottimizzazione del tempo: Potendo acquisire la fattura sotto forma di file XML, è possibile rendere più rapido il processo di contabilizzazione dei dati contenuti nelle fatture stesse, riducendo sia i costi di gestione di tale processo che gli errori che si possono generare dall’acquisizione manuale dei dati;
  • Risparmio economico: Emettere una fattura ha un costo, non soltanto in termini di tempo ma anche un costo economico legato alle spese di stampa e di spedizione dei documenti. Automatizzare i processi di creazione, trasmissione, ricezione e conservazione delle fatture consente di eliminare totalmente questi costi con un notevole risparmio economico;
  • Risparmio di spazio e maggiore sicurezza: Fino ad oggi l’archiviazione dei documenti fiscali veniva fatta utilizzando faldoni che, oltre ad occupare spazio, rendevano difficile il recupero dei singoli documenti in caso di necessità. La digitalizzazione dell’intero processo di gestione delle fatture permette invece di mettere in sicurezza tutti i documenti e di potervi accedere rapidamente in ogni momento. La nuova disciplina normativa prevede che ogni fattura debba essere conservata in formato digitale per 10 anni, sia da chi la emette che da chi la riceve. In un lasso di tempo così lungo la conservazione cartacea sarebbe davvero molto rischiosa. Inoltre l’inserimento di firma digitale e marca temporale permette la digitalizzazione dei documenti per renderli immodificabili e sempre disponibili nel tempo.
  • Maggiore controllo del business: Con i metodi tradizionali di gestione delle fatture era molto complesso avere un quadro sempre aggiornato del proprio business. Fra fatture emesse, insoluti e fatture da emettere ogni libero professionista doveva districarsi tra una selva di scartoffie. La digitalizzazione dell’intero ciclo di vita delle fatture porta invece ad un notevole efficientamento consentendo la tracciabilità di tutto il processo. Disporre di una contabilità sempre aggiornata, corretta e reperibile è il modo migliore tenere sotto controllo il proprio business per fare emergerne punti di forza e criticità.
  • Incentivi fiscali: Il passaggio alla fatturazione elettronica prevede tutta una serie di agevolazioni e sgravi fiscali. Ricordiamo ad esempio che chi ricorre alla Fatturazione Elettronica può evitare l’invio trimestrale dei dati IVA (attiva e passiva). Inoltre, per tutti i contribuenti titolari di partita IVA che emettono fatture elettroniche, ricevendo ed effettuando pagamenti in modalità tracciata al di sopra del valore di 500 euro, i termini di accertamento fiscale sono ridotti di 2 anni.

I vantaggi descritti sono per lo più benefici pratici che la fatturazione elettronica porterà nell’attività quotidiana di professionisti e aziende ma ovviamente non sono gli unici. Oltre alla lotta all’evasione, fondamentale per le casse dello Stato, l’obbligo della fatturazione elettronica promuove la creazione di una cultura digitale spingendo le nostre imprese a digitalizzare il proprio lavoro e le proprie attività quotidiane.

RIFLESSIONI

I numeri sul maggior gettito fiscale derivante dall’introduzione dell’obbligo della fattura elettronica, ancorché parziali, raccontano di un risultato che sembra andare oltre ogni previsione. Vedremo quel che accadrà a consuntivo. Ma, fino a questo momento non si può non rilevare il successo dell’operazione. Un successo inaspettato, almeno in queste dimensioni, nella ancora difficilissima e lunghissima battaglia contro l’evasione fiscale. Sia ben chiaro: la fatturazione elettronica obbligatoria non è stata un’iniziativa indolore, a saldo zero. Al contrario, ha creato (e ancora crea) infiniti problemi a contribuenti, intermediari e imprese. Difficoltà operative e gestionali, spesso aggravate delle complessità applicative e interpretative. L’adeguamento ai nuovi standard ha moltiplicato i costi che tutti hanno dovuto sostenere. E, purtroppo, non ha portato alcuna significativa riduzione degli adempimenti. Il che non è certamente un risultato di cui andare fieri. Terminata la fase transitoria avviata a inizio anno, la fatturazione elettronica è entrata a regime e può contare su alcune norme di semplificazione introdotte con il Dl crescita. A questo riguardo, un po’ più di coraggio non avrebbe guastato, come nel caso della definizione dei tempi di emissione del documento: il termine è stato fissato in 12 giorni, quanto tutti chiedevano la possibilità che la fattura fosse emessa nei tempi della liquidazione periodica. Si conferma, insomma, l’idea che il sistema fiscale sia sempre pronto nel chiedere “aiuto” ai contribuenti (ovvero, nuovi dati, nuovi obblighi, nuovi adempimenti), ma non altrettanto energico nel fare piccole concessioni di buonsenso. Ma tant’è. Il successo degli effetti della fatturazione elettronica in termini di maggior gettito recuperato suggerisce due riflessioni. Una ha proprio a che fare con il nodo delle semplificazioni. L’altra riguarda il potenziale della fatturazione elettronica. Partiamo da qui. Si è sempre ripetuto che la fatturazione elettronica mostrava una buona potenzialità nel contrasto di due tipologie di evasione Iva: quella da omessa dichiarazione (definita “evasione senza consenso” tra acquirenti e fornitori sull’importo da fatturare) e quella da omesso versamento. Niente da fare invece per l’evasione da omessa fatturazione, ovvero l’”evasione con consenso”: se acquirente e fornitore si accordano per non fatturare l’Iva, il nuovo strumento appare inefficace. Evidentemente, in questi mesi ha funzionato bene l’”effetto deterrente” della fattura elettronica: la consapevolezza del monitoraggio e del maggior rischio di subire un controllo ha indotto i contribuenti a limitare le omesse dichiarazioni, le compensazioni non spettanti e, probabilmente, quei diffusi fenomeni di frode che caratterizzano l’Iva. Si potrà fare di più, visto che l’evasione dell’imposta sul valore aggiunto segna un tax gap di oltre 35 miliardi di euro? Capiremo. Per ora non va scordato che in queste situazioni, molti contribuenti tendono a modificare i propri comportamenti per “adattarsi” alle novità della legge. Per esempio, molti potrebbero ricorrere con disinvoltura alla “non fatturazione”, facendo aumentare la quota di “evasione con consenso” rispetto a quella da omessa dichiarazione e da omesso versamento. Quanto all’aspetto semplificazioni, il successo dei risultati della fatturazione elettronica deve diventare uno stimolo per cambiare passo nei rapporti con i contribuenti. Il recupero di evasione dovrebbe “tornare” ai contribuenti onesti, come riduzione del prelievo. Se, come ora, questa scelta non sembra percorribile, che si abbia almeno il coraggio di immaginare una diversa “ricompensa” per tutti gli sforzi chiesti ai cittadini per far decollare il nuovo obbligo. Serve una svolta reale per alleggerire gli adempimenti, a partire dalla soppressione di tutte le comunicazioni, ma anche per evitare la duplicazione di dati che ora la trasmissione elettronica delle fatture rende di fatto superflua. Il legislatore deve semplificare e l’amministrazione deve pragmaticamente fare in modo che l’applicazione delle norme consenta di evitare incongruenze operative. E ancora: occorre riflettere su meccanismi come lo split payment e il reverse charge che il sistema della fatturazione elettronica tende a rendere inutili, vessatori e molto costosi per le imprese, costrette di fatto a un prestito forzoso allo Stato.

Il nostro studio è pronto ad offrirti un valido aiuto per la gestione della fatturazione elettronica. I professionisti dello Studio Piscicelli De Felice sono disponibili, previo appuntamento, per qualsiasi chiarimento e/o approfondimento al fine di assistervi nella scelta più opportuna alle Vostre esigenze.

DICHIARAZIONE DEI REDDITI: ONERI DETRAIBILI

Le detrazioni costituiscono una agevolazione destinata a favorire contribuenti e famiglie, attraverso una riduzione dell'IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) in misura fissa, pari al 19% ma non le addizionali regionale e comunale, che restano pertanto invariate.

La detrazione compete a chi sostiene la spesa, anche se resa a favore di un familiare a carico, nell'anno di imposta.

Nel caso si utilizzi il modello 730 per la dichiarazione dei redditi, un eventuale credito superiore ad € 4.000 non potrà più essere rimborsato dal sostituto di imposta (datore di lavoro, ente previdenziale, ecc.), ma sarà soggetto a specifico controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, che provvederà poi direttamente al rimborso degli importi spettanti.

Il contribuente presentando la dichiarazione può usufruire della detrazione delle seguenti spese :

  • spese sanitarie: sono inserite in tale categoria tutte le spese sostenute per prestazioni mediche, compresa l'assistenza sanitaria ospedaliera, e per l'acquisto di farmaci e protesi. Tutte le spese mediche sono detraibili per la parte eccedente € 129,11;
  • spese per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali
  • spese per l’acquisto di cani guida
  • spese per servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordi
  • interessi passivi su mutui ipotecari per l'acquisto della abitazione principale, nel limite di € 4.000,00
  • interessi passivi su mutui ipotecari per la costruzione dell'abitazione principale, nel limite di € 2.582,28
  • interessi passivi su mutui ipotecari per la costruzione dell'abitazione principale, nel limite di € 2.582,28
  • interessi per prestiti o mutui agrari
  • spese veterinarie, limitatamente all'importo che eccede € 129,11 e fino ad € 387,34
  • spese funebri, nel limite di € 1.550,00 per ogni decesso (dal 2015, sono detraibili le spese sostenute a prescindere dalla relazione con il defunto)
  • contributi versati per il riscatto del corso di laurea di familiari a carico privi di altra forma di previdenza obbligatoria e che non abbiano iniziato alcuna attività lavorativa
  • spese per assicurazioni vita o infortuni: il limite è attualmente fissato a € 530,00
  • premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi stipulate relativamente a unità immobiliari ad uso abitativo (a decorrere dal 2018)
  • spese per la frequenza di scuole dell'infanzia del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione, con il limite di € 400 annui per ogni alunno o studente (a decorrere dalle spese sostenute dal 2015). Tale detrazione non è cumulabile con quella prevista per le erogazioni liberali alle istituzioni scolastiche
  • le spese per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria, in misura non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi a scuole statali (fra queste, le spese di iscrizione agli Istituti tecnici Superiori). L’importo detraibile sarà fissato da un apposito decreto emanato dal MIUR
  • spese per la frequenza di asili nido, nel limite di € 632,00 per ogni figlio
  • spese per attività sportive, svolte da ragazzi fra i 5 ed i 18 anni, nel limite di € 210,00
  • spese per erogazioni liberali a favore di società sportive dilettantistiche, di società di mutuo soccorso, di associazioni di promozione sociale, della società di cultura “Biennale di Venezia”, di fondazioni operanti nel settore dello spettacolo o nel settore musicale, di istituzioni scolastiche
  • le spese per l’acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale, per un importo non superiore a 250 euro
  • spese per erogazioni liberali a favore di Stato, enti, fondazioni, ONLUS danno invece diritto ad una detrazione del 26%
  • detrazione per canoni di locazione differenziata a seconda dell’età e sede di lavoro

Al fine di ridurre la pressione fiscale gravante sui redditi di lavoro dipendente, è stato disposto che tali redditi, al netto delle relative detrazioni, fruiscano dal 2015 di un credito di imposta pari ad € 960.

Il beneficio consiste in una riduzione delle imposte dovute alla fonte, cioè in un aumento della retribuzione, e si applica in caso di reddito complessivo fino ad € 24.000, e poi in misura decrescente se il reddito è compreso fra € 24.000 ed € 26.000 (soglia oltre la quale il premio non scatta).

Il calcolo del credito spettante dovrà essere effettuato dai sostituti di imposta, cioè dai datori di lavoro, già tenendo conto delle detrazioni previste per quella tipologia di reddito (non di altre detrazioni, ad esempio per familiari a carico) e rapportandolo al periodo di lavoro nell’anno.

Il bonus compete unicamente ai lavoratori dipendenti che subiscano ritenute IRPEF (compresi coloro che percepiscono indennità a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione): ne risultano pertanto escluse tutte le altre categorie, quali pensionati, imprenditori, autonomi, oppure soggetti il cui reddito non genera alcun debito di imposta (i cosiddetti “incapienti”, titolari cioè di redditi di lavoro dipendente inferiori ad € 8.000, sui quali l’imposta è già azzerata dalle detrazioni). Il bonus è erogato automaticamente, non è quindi richiesta alcuna domanda da parte del lavoratore. Il contribuente che, del tutto o in parte, ne fruisca senza averne diritto, è tenuto alla restituzione della somma eccedente: deve, in sede di dichiarazione dei redditi, esporre tale importo come parte dell’IRPRF a debito.

Infine, il contribuente dovrà conservare tutti i documenti di spesa in originale in caso di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria.

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