Essere imprenditori è una vera missione! Decidere di metter su un’azienda è una scelta di vita, perché la tua azienda devi progettarla, migliorarla continuamente e portarla avanti affrontando tutte le variabili del mercato. Fare impresa con il veicolo delle società di capitali, e quindi assumendo la carica di amministratore, comporta ulteriori doveri e responsabilità. I legali rappresentanti delle società, oltre a dover scegliere il percorso di business, devono adempiere con diligenza agli obblighi imposti dalla legge e dallo statuto sociale come stabilito dagli artt. che vanno dal 2387 al 2395 del c.c. per le società per azioni e dagli artt. 2475 e 2476 del c.c. per le società a responsabilità limitata. Spesso sono stato contattato da clienti intenzionati ad aprire società di capitali senza avere la minima comprensione di quello che li aspetta e soprattutto delle responsabilità che si assumono nell’operare quali amministratori di società. Gli amministratori devono tener conto non solo delle norme civili, ma anche di quelle penali, amministrative e tributarie. Tutte le norme che regolano l’attività sociale, e pongono, nell’interesse dei soci e dei terzi, presupposti e limiti allo svolgimento di questa attività, costituiscono altrettante limitazioni all’azione degli amministratori, e pongono a loro carico altrettanti obblighi, la cui violazione è per essi fonte di responsabilità. Gli obblighi di diligenza e di perseguimento dell’interesse sociale, sanciti dal codice civile, non specificano quale sia il comportamento dovuto dagli amministratori, cioè in cosa consistano gli atti o i negozi che essi debbano porre in essere, ma indicano le modalità cui gli amministratori sono tenuti nella gestione della società. Si tratta di due principi generali, il cui contenuto può specificarsi solo con il riferimento a specifiche circostanze di casi concreti, non potendosi in astratto prestabilire quale sia il comportamento che l’amministratore deve tenere in termini di diligenza dovuta e del dovere di perseguire l’interesse sociale e senza conflitti di interesse. Per dare un riferimento concreto, citiamo gli obblighi e le circostanze più ricorrenti per i quali, sulla base delle esperienze di studio fatte durante l’esercizio della nostra professione, scaturiscono responsabilità per gli amministratori e conseguenti condanne a risarcimenti dei danni arrecati. In particolare costituiscono fonte di obblighi e responsabilità per gli amministratori: - le norme poste a garanzia dell’integrità capitale sociale, di cui l’amministratore è custode; - le norme a garanzia del corretto impiego del patrimonio aziendale che deve essere destinato agli scopi dell’oggetto sociale; - le leggi che attengono agli obblighi di fedeltà; - le regole che riguardano la conservazione e la tenuta della documentazione delle operazioni sociali mediante la predisposizione di una contabilità adeguata e del bilancio e con la conservazione dei libri sociali; - le norme che impongono l’obbligo di eseguire le deliberazioni dell’assemblea conformi alla legge ed all’atto costitutivo; - le disposizioni attinenti al regolare funzionamento degli organi sociali e alle forme di pubblicità degli atti; - le norme che prescrivono l’osservanza degli obblighi fiscali, previdenziali e amministrativi. Quando vengono rispettate queste regole, gli amministratori non incorrono in alcuna responsabilità, anche qualora l'attività di impresa dovesse andare male. Acquisisce quindi fondamentale importanza la figura del consulente aziendale che deve guidare l’imprenditore nelle scelte e nella condotta da avere anche e soprattutto in tempi di crisi. Nella vita professionale del nostro studio di consulenza abbiamo assistito molti imprenditori in difficoltà. Alcuni di questi ci hanno contattato troppo tardi e non è stato possibile assisterli, altri sono rinati mediante operazioni di ristrutturazione aziendale che a loro sembravano impossibili da porre in essere ma che hanno cambiato la vita del loro business.
Dott. Italo Piscicelli
TASSAZIONE REDDITI DA LAVORO DIPENDENTE PRODOTTI ALL'ESTERO - CREDITO IMPOSTA
La tassazione dei redditi di lavoro dipendente di fonte estera prende in considerazione due elementi fondamentali: - la residenza fiscale del soggetto; -il periodo di soggiorno del lavoratore nell’altro Stato estero. Il lavoratore residente che svolge la prestazione all’estero sarà assoggettato a tassazione in Italia. Questo anche per il reddito di lavoro dipendente prodotto all’estero. Il lavoratore non residente che svolge la prestazione all’estero non sarà assoggettato a tassazione in Italia per il reddito prodotto all’estero. Il lavoratore non residente che svolge la prestazione nel territorio dello Stato sarà assoggettato a tassazione in Italia solo per il reddito di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato. Il reddito deve essere tassato al netto dei contributi previdenziali obbligatori versati nello Stato di produzione del reddito. In tutti i casi in cui il lavoratore fiscalmente residente in Italia abbia versato imposte all’estero si pone il problema di evitare la doppia imposizione del reddito. Tale reddito, infatti, è imponibile sia nello Stato in cui viene prodotto, sia nello Stato di residenza fiscale. L’istituto del credito di imposta costituisce un rimedio contro la doppia imposizione giuridica che viene a crearsi in presenza di redditi transnazionali assoggettati a tassazione, in capo al medesimo soggetto, sia nel Paese in cui il reddito è prodotto, sia nel Paese di residenza. L’ordinamento italiano ha optato per il sistema del credito d’imposta in coerenza con il principio generale di tassazione dei residenti per tutti i redditi posseduti, ovunque prodotti. Tale sistema rende definitivo il livello di imposizione più elevato (quello del Paese della fonte o quello del Paese di residenza). Con tale metodo, infatti, quando l’imposta estera, rispetto a quella dovuta in Italia (Paese di residenza del contribuente) è: - inferiore, occorre versare all’Erario italiano la differenza; - superiore, non si dà luogo a “restituzione” dell’eccedenza, in quanto il credito compete solo fino a concorrenza dell’imposta italiana relativa al reddito estero. Le asimmetrie tra imposta estera e italiana sono influenzate, oltre che dal diverso gioco delle aliquote, anche dalle differenze nei criteri di imputazione a periodo o di quantificazione dell’ammontare del reddito estero che viene assoggettato a imposizione nello Stato della fonte e in Italia secondo le rispettive norme interne. L’articolo 165, comma 1, del TUIR detta le condizioni di applicabilità del credito, prevedendo che “se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta”. La detrazione delle imposte estere deve essere richiesta nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta estera. Questo a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Se sei un lavoratore dipendente che lavora all’estero ed hai dubbi sulla tua situazione fiscale puoi rivolgerti con fiducia allo Studio Piscicelli De Felice. I nostri consulenti saranno lieti di assisterti nell’analisi della tua posizione contributiva e nella predisposizione delle dichiarazioni fiscali.
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